«Mai gettare la spugna»
Dopo la formazione di pittore, ben presto è passato al lavoro d’ufficio, occupandosi tra le altre cose di consulenza nelle risorse umane. Poi è stato DJ e organizzatore di eventi, per passare quindi all’attività di guardia giurata, addetto agli acquisti in incognito e, giusto per cambiare, collaboratore in un’officina. Inoltre era uno sportivo, faceva molto movimento all’aria aperta, andava in piscina e in palestra; non mancavano gli amici, i viaggi ed era attivo membro di una Waggis Clique del carnevale di Basilea. «Mi piaceva provare sempre qualcosa di nuovo e imparavo velocemente: ci mettevo poco a trovarmi a mio agio in un posto nuovo», racconta Dino Howald.
È un piacere ascoltarlo, parla chiaro, senza tanti giri di parole. Ogni tanto guarda in alto per riflettere o sorride brevemente ripensando al passato. Poi smette di parlare, mordendosi il labbro inferiore. «Ora è tutto diverso.»
Fiacchezza e disturbi respiratori
A neanche 44 anni, nell’estate del 2015, si è accorto che qualcosa non andava. «Mi sentivo molto fiacco e andava sempre peggio», racconta. Alla comparsa dei disturbi respiratori in novembre si è fatto visitare. Il medico gli ha diagnosticato una grave polmonite. Poiché dopo tre settimane la situazione non migliorava, si è recato nel reparto di pneumologia dell’ospedale cantonale di Aarau. «Mi hanno subito attaccato a un respiratore: il volume dei miei polmoni era sceso al di sotto del 40%.» Il medico curante ha attribuito il cattivo stato dei suoi polmoni a un sospetto di polmonite criptogenetica organizzata, abbreviato COP (vedi riquadro).
La paura di morire non ha avuto la meglio
Per confermare tale sospetto e poter iniziare la terapia appropriata si doveva prelevare immediatamente un campione di tessuto da uno dei polmoni. All’epoca lo stato di salute di Dino Howald era così deteriorato che il medico curante non poteva garantire che sarebbe sopravvissuto né all’intervento né alla malattia. In cuor suo, aveva già detto addio ai suoi due figli adolescenti e alla fidanzata del tempo, Tanja, che ora è sua moglie. «Avevo paura di morire. Affrontare l’intervento, e quindi la possibilità di una terapia, è stata la decisione più coraggiosa della mia vita.»
«Senza la Lega polmonare non sarei andato tanto lontano»
Dino Howald è sopravvissuto all’operazione e ha iniziato a combattere. Ha passato più di due mesi in ospedale e diversi altri in una clinica di riabilitazione. Una volta tornato a casa ha dovuto riorganizzare la sua vita. Ha però potuto contare sul grande supporto della Lega polmonare di Argovia. «I primi tempi ero vincolato all’ossigenoterapia 24 ore su 24.» I collaboratori della Lega polmonare gli hanno insegnato come gestire gli apparecchi coordinando le forniture di ossigeno. Oltre al supporto medico, Dino Howald ha apprezzato in particolare il servizio di consulenza sociale offerto dalla Lega polmonare di Argovia. «Sono tutt’ora inabile al lavoro e ho dovuto riflettere su come sbarcare il lunario», racconta. L’operatrice sociale della Lega polmonare di Argovia lo ha aiutato a presentare domanda per gli aiuti finanziari e la rendita d’invalidità. «Se non si è del settore è praticamente impossibile capirci qualcosa di tutti quei moduli. Senza la consulenza della Lega polmonare non sarei andato tanto lontano», aggiunge con un sorriso ampio che scalda il cuore.
Una casetta in Finlandia
Dalla diagnosi ricevuta più di sei anni fa molte cose sono migliorate. Grazie alla terapia farmacologica Dino Howald ha potuto migliorare la funzione polmonare e con gli allenamenti ha ridotto la dispnea durante gli sforzi fisici: se un tempo dopo un paio di scalini aveva già il fiato corto, ora arriva al secondo piano senza problemi. Inoltre, ha imparato a fare le cose con calma. La migliore forma fisica e lo stile di vita più tranquillo gli hanno consentito di dire addio all’ossigenoterapia. E nel gennaio 2022 ha potuto realizzare un desiderio che nutriva da tempo: trasferirsi con la moglie Tanja, svizzera ma di origine finlandese, nella terra nativa di lei. La casa, proprietà della famiglia di Tanja, si trova in un paesino di 380 anime a meno di due ore da Helsinki. Decidere di lasciare la Svizzera non è stato facile, confessa Dino Howald. Ma dopo diversi soggiorni negli ultimi anni ha imparato a conoscere e amare lo stile di vita finlandese: «Adoro che i vicini semplicemente passano a salutare quando ne hanno voglia, senza avvisare prima. La vita è più rilassata, meno frenetica. Anche nelle grandi città: c’è molto meno traffico e meno burocrazia che in Svizzera. Qui riesco a respirare più serenamente.»
Non mancano i momenti difficili
Nonostante la sua indole battagliera e il suo radioso ottimismo, Dino Howald confessa che non è tutto rose e fiori: «Non riesco ancora ad accettare che sono malato.» Gli risulta particolarmente avvilente quando vorrebbe fare di più di quello che riesce. Ad esempio, per dei lavori di ristrutturazione in casa hanno dovuto chiamare degli artigiani. «Un tempo avrei fatto tutto da solo. Ora invece a ogni sforzo devo assicurarmi che il mio corpo ce la faccia. Questo tipo di lavori per me è impossibile.» Gli piacerebbe anche imparare meglio il finlandese. Tuttavia ha notato una crescente difficoltà a concentrarsi. «Quando arrivo alla fine della pagina a volte non mi ricordo più cosa c’era all’inizio.» Deve sempre segnarsi appunti e promemoria per non dimenticare troppo.
«Spero di poter trasmettere qualcosa agli altri»
Malgrado i numerosi progressi, Dino Howald ha incassato anche qualche brutto colpo. I farmaci gli hanno causato il diabete e una malattia delle ossa chiamata necrosi della testa del femore. Nel 2020 inoltre ha contratto il coronavirus poiché la moglie lavora come infermiera. «Il COVID-19 mi ha costretto a letto per un mese e mezzo. Con ripercussioni anche sulla psiche», racconta. Sforzarsi ad uscire e fare attività fisica malgrado i dolori e la stanchezza richiede molte energie. Trova la forza per andare avanti grazie alla moglie e ai figli, ma anche nel confronto con altri pazienti affetti da malattie polmonari. «È un’attività che mi riporta coi piedi per terra e mi dà coraggio. Spero di riuscire a trasmettere qualcosa anche agli altri. Solo am-malandomi mi sono reso conto di quanto preziosa è la vita. E che per la vita vale la pena lottare.»
COP: una risposta immunitaria fuori controllo nei polmoni
La polmonite criptogenetica organizzata (cryptogenic organizing pneumonia, COP) è una malattia rara che scatena un’infiammazione acuta dei polmoni. Essa aggredisce il tessuto polmonare trasformandolo. Tale patologia è dovuta a una risposta immunitaria fuori controllo nei polmoni: i tessuti, invece di guarire, si cicatrizzano, cosa che limita la funzione polmonare. Una COP può essere scatenata da diversi agenti patogeni come batteri o virus, sostanze tossiche, farmaci o determinate terapie come ad esempio la radioterapia. I sintomi della COP solitamente sono febbre, tosse, malessere, mancanza di appetito, perdita di peso e dispnea. Solitamente è trattata con farmaci a base di cortisone, che nella gran parte dei casi rendono reversibili le lesioni del tessuto polmonare. Nel 15% circa dei casi tuttavia la terapia non funziona e la COP porta a un’ulteriore cicatrizzazione dei polmoni chiamata fibrosi polmonare.
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