Aprire la propria casa ai rifugiati
Ad Aarau, sulla bucalettere la targhetta in ottone recita «D.+D. Gasser». Da qualche mese, però, è comparso anche un bigliettino scritto a mano, su cui si legge «A. Sukhenko e figlio».
Un posto sicuro
È la casa di Daniela e Daniel Gasser-von Arx. Daniela sa che cosa può significare la guerra. Ha ereditato questa consapevolezza dalla madre, che durante la Seconda guerra mondiale viveva a Milano. «La sua casa andò distrutta durante un bombardamento e perse tutto. Questo ricordo era molto vivo in lei e lo ha trasmesso anche a me.» I rifugiati e le migrazioni sono una presenza ricorrente nella vita di Daniela. Se ne è occupata quando era studentessa universitaria. Ma anche in quanto mamma, perché alcuni amici dei suoi figli sono originari dello Sri Lanka. Oggi, Daniela lavora come operatrice sociale presso la Lega polmonare di Argovia. «Nel mio lavoro ho avuto spesso a che fare con migranti. Quando una persona è costretta a lasciare la propria terra, questo evento marca in modo indelebile la sua storia personale. Non importa da quanti anni vive qui e quanto bene si è integrata». Quando è scoppiata la guerra in Ucraina, Daniela e suo marito hanno sentito il desiderio di dare una mano. «Sappiamo che non dimenticheranno mai quello che hanno dovuto vivere. Ma voglia- mo che abbiano almeno un posto sicuro e tranquillo dove stare».
I carri armati alla porta
Anastasiia Sukhenko, detta Nastja, e suo figlio Stanislav (Stas) di 4 anni vivono con i Gasser da aprile del 2022. Quando i carri armati sono arrivati al villaggio, per questa ragazza madre di 28 anni la vita è cambiata per sempre. «In un primo momento siamo scappati nel bosco e ci siamo nascosti da un’amica». I suoi occhi chiari seguono le parole dell’interprete e cercano lo sguardo di Daniela Gasser. Daniela, anche se non parla l’ucraino, ascolta attenta. Stas, nel frattempo, gioca con un aereo che ha costruito con i Duplo. Con la bocca fa un rumore che riproduce quello dei caccia russi o forse degli spari.
«Restiamo in contatto»
Per proteggere Stas, Nastja Sukhenko si è vista costretta a scegliere la fuga e l’esilio. Sua madre, invece, è rimasta in Ucraina, dove si occupa del giardino, dell’orto e dei loro animali domestici. «Ci parliamo o ci scriviamo tutti i giorni». Non appena sarà possibile, Nastja vuole tornare in Ucraina. «Ieri Stas mi ha detto che vuole tornare a casa, dalla nonna», racconta con la voce rotta dal pianto. Daniela Gasser la guarda comprensiva e le sfiora una mano. «In questi momenti vorresti fare qualcosa, ma ti senti impotente. Cerchiamo di resistere insieme». L’eventualità di un ritorno a casa, infatti, sembra ancora lontana. Nastja Sukhenko è diplomata in canto presso la Facoltà di musica dell’Università di Kiev e insegnava canto a bambini e ragazzi presso la Casa di Cultura della sua cittadina. «Quando la guerra sarà finita, penso che trovare lavoro in questo settore sarà difficile».
Postumi da coronavirus
Oltre alle difficoltà legate alla guerra, Nastja ha anche dei problemi di salute. Lo scorso inverno è stata ricoverata per varie settimane, anche in terapia intensiva, a causa del coronavirus. La convalescenza è stata particolarmente difficile e lunga. «Era tutto molto faticoso. Per andare dal letto alla cucina avevo bisogno dell’ossigeno». Ora sta meglio. Però gli sforzi, l’altitudine e il freddo le provocano ancora difficoltà respiratorie. «Alla Lega polmonare di Argovia collaboriamo con pneumologi d’eccellenza. Vuoi che chieda loro di visitarti?», propone Daniela Gasser. Nastja Sukhenko accetta riconoscente.
Una prospettiva di autonomia
Dato che Nastja parla ancora pochissimo tedesco e non conosce bene l’inglese, la comunicazione è difficile. «Spesso ci aiutiamo con il traduttore del cellulare. Ma comunicare le emozioni con spontaneità è difficile», spiega Daniela Gasser. Per questo incoraggia Nastja a diventare autonoma il prima possibile. «Può sembrare una pressione eccessiva. Ma la mia esperienza come operatrice sociale presso la Lega polmonare di Argovia mi ha insegnato che risolvendo tutto al posto loro, non facciamo il bene delle persone: finiscono per dipendere da noi. È meglio accompagnarle con empatia e comprensione sulla strada dell’autonomia». Per questo, spiega a Nastja come fare per ottenere aiuto e sostegno. «Ha tante capacità straordinarie che può mettere a frutto anche qui».
«Le persone ci danno una mano»
Daniela Gasser apprezza molto la solidarietà che dimostrano amici, famigliari e istituzioni. Stas è inserito in un gruppo di attività ludiche, per i cui costi ha ottenuto una riduzione del 50%. Anche il sostegno materiale e finanziario di famigliari e conoscenti è utile, perché l’aiuto sociale che ricevono Nastja e Stas basta appena per sopravvivere. «Le persone ci danno una mano. È qualcosa di molto bello». Mentre Daniela parla, Nastja sorride e volge lo sguardo verso di lei. «Daniela e Daniel sono due persone fantastiche. Sono stati molto buoni con noi e siamo loro molto riconoscenti per la loro ospitalità». La situazione, però, non è sempre facile. Nastja è abituata a gestirsi in autonomia. Ma qui in Svizzera ha invece bisogno d’aiuto: «Sono sempre in dubbio. Starò facendo la cosa giusta? Siamo di disturbo? Siamo un peso? Il fatto che Stas sia ancora piccolo non aiuta. Ha bisogno di muoversi». Il bambino, nel frattempo, è uscito in giardino. Rientra con delle margherite selvatiche e ne dà un po’ alla mamma e un po’ a Daniela. Quest’ultima lo ringrazia scandendo bene le parole in tedesco e gli fa una carezza.
Un canto che unisce
Nastja Sukhenko ha iniziato a tessere i primi contatti sociali anche al di fuori della famiglia che l’ha accolta. Si incontra regolarmente con altre donne ucraine in una chiesa di Zurigo, dove cantano in coro. La giovane spera che sia l’inizio di un progetto più grande. «Sono grata di poter stare qui in Svizzera insieme a Stas. Voglio imparare rapidamente il tedesco e la cultura e le abitudini svizzere, in modo da trovare un lavoro e potermi integrare», spiega. Alcune differenze le ha già notate: «In Ucraina diamo molta importanza alle tradizioni, al folclore, alla nostra storia e alla musica popolare». Quando le chiediamo di farci sentire una canzone della sua terra, Nastja Sukhenko non si tira indietro e inizia a cantare. Mentre tutti la ascoltano rapiti, il suo sguardo scivola lontano. Ciò che prova è accessibile solo a lei.1
1) Intervista realizzata a maggio 2022.